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Carceri e pandemia: da crisi ad opportunità

 
Pietro Vantaggiato
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Il sistema penitenziario è una delle realtà più duramente colpite dalla pandemia da covid-19, tut-tavia le misure straordinarie adottate in questo periodo possono aprire la strada ad una grande stagione di innovazione, capace di avvicinare il carcere al mondo moderno.

Come il Covid ha inciso sul mondo penitenziario e sulle attività ad esso collegate

Sin dai primi giorni, la pandemia ha impattato molto duramente sul sistema carcerario e la sua popolazione. Il lockdown nel mondo esterno alle carceri è stato speculare a quello vissuto dai de-tenuti, con l’ulteriore aggravante di una situazione pregressa di per sé delicata. Il sistema penitenziario è infatti da anni sotto esame a causa delle situazioni spesso degradanti in cui alcuni de-tenuti sono costretti a vivere, e questo non ha fatto che rendere maggiormente complessa la gestione della pandemia. Alcune misure, come la sospensione dei colloqui con i parenti, hanno contribuito ad accendere rivolte, poiché la rottura con il mondo esterno, e soprattutto la lontananza dai propri cari, hanno generato molta ansia sia nelle persone detenute che nei loro familiari. 
Anche le attività parallele alla detenzione hanno subito un arresto, per le varie iniziative che com-portavano l'ingresso di soggetti esterni è stato infatti necessario ripensarne l’organizzazione così da permetterne la prosecuzione in sicurezza. È il caso del carcere minorile Beccaria dove, grazie alla disponibilità delle strutture scolastiche, è stato possibile attivare immediatamente la didattica da remoto, fornendo così ai ragazzi detenuti le stesse possibilità dei loro coetanei.


I diversi istituti penitenziari hanno avuto grande libertà nella gestione dell’emergenza, potendo differenziare le politiche in materia di accessi e colloqui in base alla situazione pandemica che il territorio stava affrontando: vi sono infatti state grandi differenze fra i vari contesti, in funzione del tasso dei contagi.


È proprio in questa dinamicità di gestione che va ricercata la chiave che ha permesso di distende-re il clima: la Dottoressa Buccoliero, direttrice aggiunta della Casa di Reclusione Bollate, in una breve intervista rilasciata alla redazione di Keiron, ha infatti evidenziato come la sensazione di avere una struttura carceraria costantemente al lavoro per agevolarli sia stata di grandissima importanza per la tranquillità dei detenuti. La dottoressa ha poi sottolineato come lei stessa abbia sempre tenuto in considerazione il criterio della proporzionalità in tutte le decisioni che si è trova-ta a prendere. Conciliare la situazione pandemica e la necessità di tutelare il benessere delle persone detenute è infatti stato un bilanciamento molto difficile da attuare, tuttavia grazie al grande senso di responsabilità e di umanità del personale penitenziario nel salvaguardare quadri clinici già fragili, si è riusciti, non appena possibile, ad evitare chiusure eccessivamente drastiche e a privilegiare il benessere delle persone detenute.


In questo quadro così complesso ci si è quindi attivati al fine di riformulare ogni attività, precedentemente effettuata di persona, in modalità online. Si è così assistito all’implementazione di reti Wi-Fi all’interno delle strutture detentive e, ove già presenti, ad un loro potenziamento. Si è poi dato il via ad un’innovazione dei metodi di colloquio, aumentando il numero di chiamate effettuabili da ogni detenuto e introducendo la possibilità di effettuare videochiamate. Tutto questo non solo per una comunicazione più efficiente con le famiglie, ma anche per dare la possibilità di continuare tutte quelle attività parallele alla detenzione che costituiscono il nucleo centrale del fine rieducativo della pena: è il caso del carcere della città di Volterra, dove la Compagnia della Fortezza, compagnia teatrale che da anni coopera con l’istituto penitenziario, ha riproposto le prove su piattaforme digitali, potendo così proseguire nelle loro attività.

Il ruolo delle misure alternative durante gestione della pandemia

 

Le misure alternative hanno sicuramente giocato un ruolo di primissimo piano nella gestione della situazione pandemica. La possibilità di allocare le persone più fragili al di fuori delle strutture detentive ha infatti consentito di diminuire il numero dei soggetti presenti all’interno del carcere, semplificando così la conduzione delle strutture penitenziarie. Andando ad analizzare il panorama giuridico in merito alla concessione delle misure alternative, pur non richiedendo un’incompatibilità assoluta tra la patologia da cui è affetto il detenuto e il suo stato di detenzione carceraria, la Corte di Cassazione afferma che se l’infermità o la malattia sono tali da comportare un serio pericolo di vita o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche nell’ambito carcerario, nonché da far sì che l’espiazione della pena avvenga in aperto dispregio del diritto alla salute e del senso di umanità, allora deve essere accordata la possibilità al detenuto di accedere alle misure alternative di esecuzione della pena. Si evince quindi come la magistra-tura stessa metta al primo posto la tutela della vita e come il sistema penitenziario, in forza della responsabilità che ha nei confronti dei detenuti, non voglia commettere l’errore di porre queste persone in condizioni di eccessiva sofferenza.
Ovviamente la speranza rimane quella di un progressivo aumento dell’impiego delle misure alter-native, non solo perché capaci di decongestionare il sistema penitenziario ma, e soprattutto, per la loro capacità di adattarsi alle singole esigenze dei condannati.

Il futuro delle carceri

 

Analizzata la situazione attuale, viene naturale chiedersi quale sarà il futuro del sistema penitenziario, quali delle misure messe in atto debbano essere mantenute una volta finita la pandemia, e cosa invece ci sia ancora da fare.
Sul primo punto non si può che sperare in un mantenimento delle tecnologie impiegate in questa pandemia, magari sottoponendole ad una nuova regolamentazione. Tuttavia, non può e non deve essere messa in dubbio la loro rilevanza; basti pensare allo strumento delle videochiamate che permette di dialogare con chiunque si desideri e di accedere, seppur virtualmente, a spazi prima inaccessibili, concedendo la possibilità ai detenuti di vedere dopo anni di reclusione luoghi come il salotto di casa propria. 
Passando poi al secondo aspetto, la nostra attenzione deve essere rivolta ai fondi destinati alle carceri all’interno del Recovey Plan. Nella pianificazione governativa sono infatti stati stanziati 2,7 miliardi di euro, ma come devono essere investiti?
Riprendendo ancora una volta le parole della Dottoressa Buccoliero, il punto focale dell’amministrazione penitenziaria rimane l’aspetto infrastrutturale, non da intendersi in un piano edilizio per la costruzione di nuovi edifici, bensì in un piano di architettura penitenziaria che abbia come obiettivo la riqualificazione delle strutture già esistenti. Attualmente, infatti, disponiamo di strutture vetuste, come antichi conventi riconvertiti, edifici con caratteristiche inconciliabili con il progresso tecnologico attuale: strutture che, a causa delle mura troppo spesse, non hanno la pos-sibilità di installare una rete Wi-Fi adeguata alle loro necessità o che possiedono spazi che, rior-ganizzati, potrebbero essere sfruttati in modo più efficiente.

In conclusione, quindi, se da un lato la pandemia ha messo a dura prova il sistema penitenziario italiano, dall’altra ha dato una grande possibilità di rilancio. Questo è partito dall’audace interven-to di coloro che ogni giorno vivono il carcere e che quotidianamente lavorano per migliorarlo. Adesso è il momento di cogliere un’occasione irripetibile: con riforme a lungo termine, il legisla-tore ha il dovere di essere coraggioso e, proseguendo il lavoro iniziato, inaugurare una nuova fase del sistema penitenziario italiano. Una fase di ammodernamento, apertura e umanità.
 

 

 

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