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Il delitto di disastro ambientale

Martina Nicelli
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La Legge n. 68/2015 con il titolo “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente” colma una lacuna presente da circa vent’anni nel nostro ordinamento, introducendo nel codice penale un intero titolo dedicato ai “Delitti contro l’ambiente”. La stessa ha introdotto nuovi delitti a salvaguardia dell’ambiente, andando così a modificare il quadro normativo previgente che affidava in modo pressoché esclusivo la tutela dell’ambiente a contravvenzioni e sanzioni amministrative. 

L’articolo 1 della Legge introduce nel libro secondo del codice penale il nuovo Titolo VI-bis (Dei delitti contro l’ambiente), con il quale si prevedono sei nuovi delitti: inquinamento ambientale (art. 452 bis), disastro ambientale (art. 452 quater), traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452 sexies), impedimento del controllo (art. 452 septies), omessa bonifica (art. 452 terdecies) ed ispezione di fondali marini (art. 452 quaterdecies).

Fino all’introduzione dell’art. 452 quater c.p., la giurisprudenza riconduceva gli eventi di disastro ambientale allo schema normativo di “altro disastro” (c.d. disastro “innominato”) di cui all’art. 434 c.p. Questo orientamento portava ad una serie di critiche, poiché nei fatti di inquinamento ambientale in assenza di una norma specifica non era possibile inquadrare con assoluta certezza, così come richiesto dal principio di tassatività che regola il diritto penale, gli elementi tipici per integrare il reato. La riconduzione all’interno dell’alveo operativo dell’art. 434 c.p. è stata possibile grazie alle proprietà elastiche di tale disposizione, ed in particolare tramite la clausola aperta (“altri disastri”) presente all’interno del testo normativo, la quale permetteva a tutti quegli eventi di devastanti conseguenze, soprattutto dal punto di vista ambientale ed ecosistemico, di essere ricompresi entro i confini di tale previsione. 

L’introduzione dell’art. 452 quater c.p. con la Legge 68/2015 ha inteso superare le difficoltà di configurazione connesse all’art. 434 c.p. ed al concetto stesso di disastro ambientale, colposo e doloso. Diverse posizioni, specialmente dottrinarie, ritenevano infatti inadeguata ed incongrua l’applicazione dell’art. 434 c.p. ai disastri di tipo ambientale. I caratteri tipici dei disastri oggetto della disciplina di cui all’art. 434 c.p. (l’enorme dimensione perimetrale, ad esempio) erano difficilmente rinvenibili, infatti, nei disastri ambientali: questi ultimi si concretizzavano, nella maggior parte dei casi, a seguito di ripetute e minime condotte idonee, nel corso più o meno prolungato del tempo e con la loro ripetizione, a generare un danno alle componenti ambientali o biologiche. Inoltre, si poneva la problematica sanzione di tali gravi condotte disastrose con l’applicazione delle fattispecie contravvenzionali contenute all’interno del d.lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale), per la loro limitata portata sanzionatoria. Esse avevano infatti sortito un limitato, se non insussistente, effetto deterrente e general-preventivo. 

Per la configurazione del disastro ambientale la Cassazione, già nel 2006, aveva affermato che “è necessario e sufficiente che il nocumento abbia un carattere di prorompente diffusione che esponga a pericolo, collettivamente un numero indeterminato di persone” (Cass., Sez. V, sent. n. 40330 del 2006). Nel 2008, con la sentenza n. 9418, conformandosi a tale orientamento, la Cassazione aveva individuato nella potenza espansiva del nocumento e nell’attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità alcuni requisiti che caratterizzano la nozione di disastro ambientale.

L’art. 452 quater c.p. punisce, quindi, la fattispecie di disastro ambientale con la pena della reclusione da cinque a quindici anni. Il delitto viene definito, alternativamente, come un’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema, come un’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali o come un offesa all’incolumità pubblica determinata con riferimento sia alla rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione ambientale o dei suoi effetti lesivi, sia al numero delle persone offese o esposte al pericolo. L’enucleazione di tali eventi (che costituiscono caratteristica specifica e tipica del disastro ambientale, al ricorrere alternativo di uno solo di essi) ha certamente posto rilevanti riflessioni. Si è precisato, infatti, che il disastro ambientale acquista così una propria autonoma rilevanza, indifferentemente dalla lesione o dalla messa in pericolo di persone umane, valorizzando la componente ambientale in sé e per sé.

È stata, altresì, introdotta nell’art. 452-quater una clausola di salvaguardia “fuori dai casi previsti dall’articolo 434“, in materia di crollo di costruzioni o altri disastri dolosi (ossia il cd. disastro innominato) che fino al 2015, a causa della lacuna prodotta dall’assenza del delitto di disastro ambientale, aveva assolto ad una funzione di supplenza e chiusura del sistema. In quanto codificato come delitto, con le annesse cornici edittali sanzionatorie più gravi rispetto alle mere fattispecie contravvenzionali, l’art. 452-quater c.p. dovrebbe presentare una portata deterrente maggiormente intensa rispetto a quanto dettato dal d.lgs. 152/2006. Occorre immediatamente osservare come la portata realmente innovativa viene istantaneamente ridimensionata da parte della stessa fattispecie con l’utilizzo, al primo comma, della sopra citata clausola di salvaguardia.

Per concludere, il delitto di disastro ambientale ha quale bene giuridico tutelato l’integrità del bene ambiente e in ciò si distingue dal disastro innominato, di cui all’art 434 c.p., che è posto a presidio della pubblica incolumità, così come affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 2990 del 2018. Le prime due ipotesi di disastro ambientale, poste all’interno del comma 1 dell’art. 452 quater c.p., si focalizzano sulla lesione dell’ecosistema, mentre la terza va a tutelare tanto l’integrità del bene ambiente quanto la pubblica incolumità. Quest’ultima ipotesi di disastro è quindi l’unica in astratto ricollegabile alla fattispecie dell’art. 434 c.p., poiché entrambe le condotte generano una lesione del bene della pubblica incolumità. Il tratto che le differenzia viene individuato nella tutela del bene ambiente. Infatti, il numero 3 del comma 1 dell’art. 452 quater c.p. si riferisce a condotte che, pur ledendo in modo rilevante la pubblica incolumità, devono sempre avere un’incidenza sul bene ambiente. L’offesa alla pubblica incolumità in questo caso appare come conseguenza di un fatto che va a compromettere l’ambiente, e che, allo stesso tempo, ha coinvolto un numero significativo di persone offese o esposte al pericolo. Diversamente, affinché si integri il reato di disastro innominato, l’offesa alla pubblica incolumità non deve essere conseguenza di un fatto lesivo del bene ambiente.

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