Il contagio da Covid-19 e la responsabilità penale del datore di lavoro
Giulia Raona
La disciplina del Decreto Cura Italia
Origine delle perplessità sulla questione è certamente l’art. 42 c. 2 del d.l. n. 18/2020, meglio noto come Decreto Cura Italia. Secondo tale disposizione infatti, il contagio da Covid-19 rientra tra le malattie infettive e parassitarie, pertanto, comporta la tutela assicurativa dell’INAIL per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato, con la conseguente astensione dal lavoro. Con Circolare n.13/2020, l’INAIL ha specificato che tale indennizzo riguarda i lavoratori assicurati che abbiano contratto il virus in occasione di lavoro, e cioè – secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione (Cass. 9913/2016) – anche nello svolgimento delle attività strumentali e accessorie. Si tenga presente poi che sussiste equiparazione tra causa virulenta e causa violenta, pertanto, il contagio da Nuovo Coronavirus è trattato al pari degli infortuni sul lavoro.
L’INAIL ha, inoltre, chiarito che, per alcune categorie di lavoratori, che hanno una elevatissima probabilità di contrarre il Covid-19 in occasione di lavoro, vige la presunzione semplice di origine professionale del contagio. Si tratta, in particolare, degli operatori sanitari, ma non solo: l’elenco (esemplificativo e non esaustivo) stilato dall’Istituto annovera lavoratori che operano in front-office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, ecc.
Ciò posto, l’Istituto ha precisato che i presupposti per la tutela assicurativa dell’INAIL non hanno riflesso alcuno sulla responsabilità del datore di lavoro, che richiede l’accertamento tanto del nesso di causalità quanto dell’elemento soggettivo (cioè, il datore di lavoro deve essere passibile di rimprovero quantomeno a titolo di colpa).
È possibile prospettare una responsabilità penale del datore di lavoro per contagio da Covid-19?
Ai sensi dell’art. 2087 c.c. il datore di lavoro è titolare di una posizione di garanzia: si tratta di una disposizione che pone in essere un generico obbligo che necessita di specificazione da parte del legislatore con norme puntuali: dunque, in tale contesto viene in rilievo la normativa antinfortunistica.
La Corte di legittimità (Cass. n.3282/2020) si è espressa recentemente escludendo che l’art. 2087 c.c. possa configurare una ipotesi di responsabilità oggettiva: ne deriva che non sussistono estremi per configurare una responsabilità penale del datore di lavoro, in assenza di profili di colpa, e cioè, qualora egli abbia rispettato la normativa antinfortunistica ponendo in essere presidi e misure volte a contenere e ridurre le probabilità di contagio. Al contrario, invece, il mancato rispetto delle disposizioni volte alla mitigazione del rischio di contagio da Covid-19 comporta responsabilità per reato omissivo improprio ai sensi dell’art. 40 cpv. c.p. (secondo il quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”) e ciò proprio nella misura in cui il datore di lavoro riveste una posizione di garanzia: la condotta omissiva, consistente nel mancato ottemperamento alle disposizioni legislative in materia, cagiona l’evento che, nel caso di specie, è l’infortunio oppure, se ne derivi la morte del lavoratore, l’omicidio colposo. Si tenga presente, però, che l’imprevedibilità di un evento quale il contagio non può comportare l’onere in capo al datore di lavoro di garantire il c.d. rischio zero, se il pericolo non è eliminabile neppure con l’adozione delle dovute cautele.
Il difficile accertamento in sede penale
Nel settore penale, anche considerato il periodo di incubazione del virus che può raggiungere le due settimane, è evidente la difficoltà dell’accertamento del nesso di causalità: è necessario che la lesione del bene tutelato, i.e. la salute e la sicurezza del lavoratore, derivi causalmente dalla violazione di obblighi di comportamento. Invalicabile è in tal senso, è il principio di non colpevolezza che richiede un accertamento della responsabilità “oltre ogni ragionevole dubbio”.