Internet e il diritto a essere dimenticati
Aurelia Losavio
Con l’affermarsi sempre crescente delle tecnologie digitali e con l’aumento della condivisione di informazioni – talvolta anche sensibili – sulle reti sociali, si è fatto strada, nel nostro ordinamento, il cosiddetto diritto all’oblio. Accade con non poca frequenza, infatti, che un soggetto condannato a scontare una pena in forza di una sentenza di condanna penale o civile, pubblicata nel web, oppure una persona della quale sono state rese note alcune informazioni che potrebbero metterla in cattiva luce, esprima il desiderio di essere “dimenticata” all’interno della rete Internet.
Come ben sappiamo, il mondo d’oggi è caratterizzato dalla frenesia della condivisione. Ogni giorno sono “postati” innumerevoli contenuti, soprattutto relativi alla propria sfera privata, su svariate piattaforme; talvolta, vengono pubblicate sui siti Internet anche notizie o informazioni riguardanti persone, le quali, dal canto loro, preferirebbero che queste rimanessero private.
Perché? Per il semplice fatto che quelle notizie, oramai alla portata di tutti, potrebbero dare alla collettività una visione negativa o distorta delle persone coinvolte. Il soggetto che lo ritenga necessario può, quindi, legittimamente invocare il diritto a rimuovere da tutti i motori di ricerca ogni collegamento (link) ai contenuti online ritenuti a lui pregiudizievoli. Tale diritto all’oblio viene effettuato attraverso il meccanismo della deindicizzazione, ossia uno strumento che rende più difficile la scoperta di certe informazioni relative a una persona all’interno di siti web. Bisogna, tuttavia, precisare che con la deindicizzazione le informazioni, le notizie, i dati multimediali in questione non sono eliminati dalla rete, ma sono semplicemente nascosti. Per ottenerne la cancellazione definitiva, il soggetto interessato deve farne richiesta al titolare della pagina web su cui la notizia è stata pubblicata e di cui egli è responsabile.
Ma come nasce il diritto all’oblio? Sappiamo che esso è un diritto di creazione giurisprudenziale e una sentenza significativa è stata quella della Corte di Giustizia Europea del maggio 2014 – Corte Giustizia Europea, C-131/12 del 13 maggio 2014 – che vedeva come protagonista un cittadino spagnolo (Costeja Gonzalez) il quale, rivolgendosi alla AEPD, (Agencia Espanola de Proteccion de Datos, il Garante Privacy spagnolo) agiva in giudizio contro Google Spain a seguito della mancata cancellazione sulla pagina web di alcune informazioni riservate riguardanti la propria persona e risalenti ad anni addietro. L’AEPD respingeva il ricorso di Costeja, ritenendolo infondato, e il caso finiva davanti alla Corte di Giustizia dell’UE. Quest’ultima affermava che è vero che la pubblicazione di una notizia, anche concernente dati personali di un individuo, è conforme al diritto di cronaca e che dunque, soddisfacendo l’interesse pubblico, è legittima; tuttavia, se questo interesse pubblico viene meno, ad esempio perché sono passati molti anni dalla pubblicazione della notizia, il soggetto interessato ha diritto a chiedere – e ottenere – la rimozione di quei contenuti dai siti web. Questo caso ha avuto un’eco molto forte nel mondo e ha costituito un passo fondamentale per il rafforzamentodel diritto alla privacy dell’individuo.
Più recentemente, il 24 settembre 2019, la Corte di Giustizia, in una emblematica pronuncia, ha stabilito che il diritto all’oblio non è valevole su scala globale. Ciò vuol dire che i titolari di siti web potranno essere eventualmente obbligati a deindicizzare i contenuti pubblicati all’interno delle proprie piattaforme, ma ciò è coercibile solo entro i confini dell’Unione europea, in quanto solamente in essa è previsto espressamente il riconoscimento di tale diritto. La recentissima statuizione della Corte sembra essere un vero e proprio passo indietro. Tuttavia, si potrebbe pensare che tale decisione trovi giustificazione nel fatto che le normative in tema di protezione dei dati personali sono senza dubbio molto complesse e variano di stato in stato, per cui appare molto difficile, se non impossibile, attuare un’armonizzazione della disciplina in esame.
Sicuramente, il problema della tutela delle proprie informazioni è una questione di rilevanza fondamentale per il grosso valore insito in esse. Riconoscere il diritto a essere dimenticati su Internet è stata, senza ombra di dubbio, una conquista fondamentale per la società odierna, improntata in maniera sempre crescente verso una digitalizzazione che alle volte impressiona e insieme spaventa. Viviamo in un mondo in cui qualsiasi informazione può diventare di dominio pubblico nel giro di poco più di un secondo e per questo motivo è essenziale imparare a proteggere in primis se stessi e poi gli altri dai costanti pericoli che l’evoluzione umana inevitabilmente porta con sé.