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Vaccini e scudo penale: un binomio attuale e controverso

 
Andrea Avino
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“Tempi straordinari richiedono misure straordinarie” affermò Ludwig Beck, gerarca tedesco celebre per aver organizzato l’attentato non riuscito a Hitler del 1944. Non sono molte le volte in cui questa citazione si sia attagliata così bene alla realtà come in questo periodo di crisi e profondi cambiamenti. L’emergenza pandemica, infatti, è stata motore di riforme che hanno toccato i più svariati ambiti del diritto e tra questi è incluso anche il settore del diritto penale.

Cos’è lo scudo penale: definizione, ratio e limiti 

In queste settimane di grande fermento per l’imminente arrivo di centinaia di migliaia di dosi di vaccino, il dibattito pubblico e politico del nostro paese si è concentrato sulla possibilità di varare una misura straordinaria, il cosiddetto scudo penale.
Si tratta di uno strumento atto ad esonerare determinati soggetti, in questo caso medici e infermieri vaccinatori, dalle responsabilità penali derivanti da azioni od omissioni commesse in uno specifico ambito, nel caso di specie nel contesto della campagna nazionale di immunizzazione. In altre parole, lo scudo penale è uno strumento che, in via del tutto eccezionale e per un tempo limitato, in una situazione emergenziale pone una deroga a eminentissimi principi costituzionali in ambito penale, in primis quello della responsabilità personale ex articolo 27. 
L’idea di istituire uno scudo penale per il personale sanitario impegnato nelle vaccinazioni, che dovrebbe concretizzarsi con l’approvazione del prossimo Decreto anti-Covid19, è nata dalle associazioni di categoria di medici e infermieri dopo i casi delle reazioni avverse da vaccino AstraZeneca delle scorse settimane. Infatti, dopo che diversi soggetti a cui era stato iniettato il siero anglo-svedese hanno sviluppato letali forme di trombosi, i sanitari direttamente implicati nelle inoculazioni sono stati iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Nonostante la consapevolezza che le indagini si concluderanno probabilmente in un nulla di fatto, anche alla luce delle recentissime rassicurazioni dell’EMA (European Medicines Agency) sulla totale sicurezza del vaccino, il timore dei sindacati e del Governo è che l’assenza di una adeguata protezione giuridica per i sanitari possa portare a conseguenze catastrofiche per la riuscita nei tempi previsti dell’imponente piano vaccinale gestito dal Generale Francesco Paolo Figliuolo. Il rischio sarebbe quello di registrare una scarsa adesione da parte del personale sanitario alla campagna di immunizzazione per paura di finire nel mirino delle procure a seguito di più o meno gravi fisiologiche ed ineliminabili reazioni avverse da vaccino.
Se da un punto di vista oggettivo lo scudo penale che il Governo sta ipotizzando di istituire coprirebbe tutte le operazioni relative alla campagna di immunizzazione e, nello specifico, le inoculazioni di qualsiasi tipo di vaccino anti-Covid19 in ognuna delle sedi a ciò adibite, dagli “hub” vaccinali agli ospedali, passando per le farmacie e le RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali), limitata sarebbe invece la sua operatività quanto all’elemento soggettivo delle fattispecie coinvolte, principalmente quelle di lesioni e omicidio colposo. Infatti, secondo fonti governative, si starebbe pensando di limitare l’operatività dello scudo penale alla mera colpa lieve. In altre parole, dinnanzi alla morte o alla lesione cagionata al vaccinato e ricollegabile ad una negligenza, imprudenza o imperizia “grave” commessa dal vaccinante, il sanitario in questione sarebbe comunque chiamato a rispondere del reato commesso. Nella colpa grave potrebbe rientrare, ad esempio, il caso di lesione o morte derivante da sovradosaggio di vaccino o, ancora, della mancata osservazione clinica del paziente dopo la vaccinazione o della scelta di una zona del corpo inidonea per l'iniezione.


I dubbi giuridici sullo scudo penale per i vaccinatori

Se da un lato l’idea di istituire uno scudo penale per i sanitari impegnati nelle vaccinazioni è stata accolta positivamente dall’intero arco parlamentare, dall’altro gli addetti ai lavori hanno sollevato diversi dubbi sulla fattibilità e, soprattutto, sull’utilità di tale misura.
In relazione alla prima questione, sono molti i giuristi che aprioristicamente criticano lo scudo penale tacciandolo come uno strumento inidoneo ad affrontare qualsivoglia emergenza. Questo duro giudizio si basa sull’osservazione secondo cui prevedere a livello legislativo l’impossibilità anche solo di iscrivere nel registro degli indagati un soggetto, che sia l’operatore sanitario che ha somministrato il vaccino o il manager di una grande impresa (come nel caso dello scudo penale previsto nel 2019 in relazione all’acquisto da parte di ArcelorMittal di ILVA), impedirebbe alla magistratura di svolgere il proprio lavoro, ossia quello di verificare lo svolgimento di quei fatti in relazione ai quali esista un fumus commissi delicti, a scapito della tutela dei cittadini e con la pericolosa conseguenza di rischiare di causare una sfiducia della popolazione nella giustizia e, nel caso di specie, anche nella sicurezza della campagna vaccinale nel suo complesso. 
Quanto invece all’aspetto dell’utilità di tale misura, va anzitutto ricordato che l’articolo 590-sexies del Codice Penale in materia di responsabilità del medico, così come risultante dalla riforma “Gelli-Bianco” del 2017, prevede che qualora le lesioni o la morte si siano verificate a causa di imperizia “la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.” Semplificando, la legge prevede che la responsabilità penale del medico sia esclusa, limitatamente al caso dell’imperizia, nel caso in cui il sanitario abbia diligentemente attuato le linee guide o, in loro mancanza, le buone pratiche assistenziali. Sulla base di ciò, secondo molti quello della responsabilità del vaccinatore è in realtà un “non-problema”, stante che nel somministrare vaccini è difficile violare le semplicissime istruzioni previste dalle linee-guida e, dunque, la responsabilità penale a seguito di reazioni avverse sarebbe nella stragrande maggioranza dei casi già di per sé esclusa dalla legge vigente, risultando tecnicamente ridondante l’istituzione di uno scudo penale ad hoc. 

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